PAOLO BERNABINI
maghi e cartomanti
 

Strano paradosso quello del “vedere” perché ogni sguardo attende di essere ricambiato. Si mette in moto un processo di andata e ritorno in cui ci si aspetta un cambiamento, un intesa che modifichi l’identità e la ripetizione. I maghi di Bernabini vedono il futuro, quello di tutti, tranne il proprio. Giusta maledizione di una dote non comune. Per vederlo c’ interrogano, cercano in noi i segni scritti nelle carte, nei cieli di un mondo che verrà. E il fotografo risponde allo sguardo con quello che possiede: una macchina fotografica, quello strumento che ha annullato il soggetto e aperto l’arte al mondo. Paolo Bernabini mostra anche la retorica del futuro, i suoi personaggi sembrano antichi anziché moderni, hanno qualcosa che stride profondamente con la realtà. E in effetti, tranne pochi e inquietanti casi di casalinghe vaticinanti, per il resto abbiamo a che fare con persone fuori dal tempo. Forse è l’unico punto d’ osservazione del futuro, forse si tratta di coniugare la sapienza antica con una prestazione professionale all’altezza. E’ facile ridere di loro, ma non è corretto perché nel ricambiare lo sguardo ci accorgiamo che potrebbero avere ragione. La loro stranezza non è arrogante. La loro marginalità può sfiorare il ridicolo, ma conservano tutta la dignità del diverso. Paradossalmente il loro futuro dipende dal nostro. In fondo andiamo da loro per convincerci del presente, per aspettarlo nel suo lento transito, verso un’apertura che ci renda sopportabile l’attesa. Ai vedenti non chiediamo verità, per questa siamo disposti a pagare l’illusione di uno sguardo.

Valerio Dehò

Ciò che nella dagherrotipia doveva essere sentito come inumano, e starei per dire micidiale, era lo sguardo rivolto (e per giunta a lungo) all’apparecchio, mentre l’apparecchio accoglie l’immagine dell’uomo senza restituirgli uno sguardo. Ma nello sguardo è implicita l’attesa di essere ricambiato da ciò a cui si offre. Walter Benjamin

 
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